
DILLO a FAIP è lo spazio narrativo in cui accogliere le vostre storie, emozioni, riflessioni, esperienze di Counselor, che si trovano ad operare oggi in una situazione sociale e professionale molto complessa.
Ringraziamo quanti hanno scritto, raccogliendo il nostro invito che vi rinnoviamo, per costruire insieme una narrazione comunitaria.
Oggi racconteremo il mondo degli invisibili, attraverso le parole, profonde e poetiche di una counselor professionista, che opera in una realtà, per i senza fissa dimora.
Sono le “Voci dal buio”, un insegnamento prezioso per chi sa praticare l’Ascolto, di cui è fatta la nostra bellissima professione.
-COME SONO MORBIDI GLI AGHI DI PINO-
“Quando ci siamo incontrati il tuo viso indossava una maschera: accumulo di polvere, sporcizia, fatiche e stanchezza. Occhi bassi, rivolti a terra, rivolti altrove intenti a cercare un orizzonte altro, lontano.
Vestiti consumati, logori, fuori stagione...fuori tempo. Scarpe rotte, larghe, strette, bucate che tutti i giorni solcano strade senza meta, senza dove.
Era un anno fa, era primavera, le giornate iniziavano a dipingere i toni della bella stagione, nell'aria il profumo dei fiori regalava strascichi di meraviglia.
Ci siamo incontrati in posti diversi: un camper per accogliere i tuoi malanni, per strada per conoscerti, in mensa per ascoltare i tuoi umori di fine giornata, a colazione per ascoltare quelli del risveglio e in piazza solo per sapere se c'eri, se c'eri ancora. In tutti questi posti, i nostri sguardi hanno iniziato ad incontrarsi, piano piano. Dapprima silenzio, poi un saluto per strada, poi qualche parola ed infine racconti.
Racconti di vita, di dolore, di solitudine. Storie di paure di un tempo vuoto sempre uguale a quello passato e a quello che verrà. Mi hai insegnato ad ascoltare in silenzio, senza giudizio, senza consigli, mi hai insegnato a non chiedere nulla. Ho raccolto le tue parole come me le hai consegnate.
A volte avevi le lacrime agli occhi, altre volte ridevi, in alcuni momenti avevi così tanto vino in corpo da dormire profondamente. Io ero lì silenziosa ad imparare come sia morbido e delicato anche il più ruvido degli esseri umani, come sotto una corazza dura e spigolosa si possa nascondere un tappeto morbido e delicato di aghi di pino.
Racconti senza residenza, senza diritti, racconti senza tetto.
Racconti che non restano a casa, neanche di questi tempi, perché una casa non c'è. Restano in piazza, sotto ad un tendone allestito dalla protezione civile. Restano nei volti di chi, nonostante tutto, continua a starvi accanto, restano nei nostri sguardi che si incontrano attraverso una mascherina e un paio di guanti.
Usiamo i presidi , così da non rischiare la contaminazione, usiamo le parole, cosi da non rischiare la solitudine. Questa volta è più difficile raggiungerti, ce la metterò tutta!”
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