
Il tempo della gentilezza, il suo ritmo delicato che accompagna quotidianità e relazione pare confuso e smarrito, un oggetto in disuso, dimenticato o poco frequentato.
Ce ne parlano Adam Phillips e Barbara Taylor, dalle pagine di The Guardian.
Essere gentili è diventato oggi innaturale per l’essere umano, una debolezza inutile, a cui guardare con sospetto, che non rientra tra le prerogative richieste per imporsi e soddisfare il bisogno di successo.
Eppure se ne avverte distinta la mancanza, ogni qualvolta la prepotenza ci invade con la sua goffaggine egoistica. Riaffiora in quel momento la nostalgia del gesto cortese, il garbo di parole appropriate da offrire all’incontro o alla relazione, per iniziare a costruirla.
Scopriamo allora che abitare la gentilezza, praticarla ed esserne avvolti può diventare un piacere, “la delizia più grande dell’umanità” secondo Marco Aurelio.
Essere gentili pare che faccia anche bene; una ricerca della Hebrew University ci dice che quando compiamo un gesto gentile, tramite un gene, si rilasciano neurotrasmettitori che producono una sensazione di benessere fisico.
Dunque è una forza segreta e contagiosa da coltivare e incoraggiare in sé e negli altri, ma anche una virtù professionale, che comprende etica e correttezza.
L’abbiamo scelta come spunto per il nostro #venerdìdiFaip, perché la gentilezza rientra nel nostro lessico quotidiano di #counselor, contigua e connessa all’empatia e all’ascolto autentico dell’altro.
Alleniamoci alla Gentilezza!
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